Garibaldi
La luna tramontò;
notte diffonde
Buio a nubilo ciel, ma
il mare è queto;
Cento guerrieri in più
galèe sull’onde,
Zefiro spira, varcano
in segreto.
Stretti in flottiglia,
alle Sicane sponde
Aspirano approdar
senza divieto.
Sforzano i remi, all’àncora
di piglio
Dànno, e vuota
ciascuno il suo naviglio.
Frombole e lame ad
armacollo, al petto
La Croce, e stella
portano ai cimieri.
Ferro la sopravveste,
il corsaletto,
I calzari, l’usbergo,
gli schinieri.
Montan d’un salto, del
comando al detto,
In sella d’agilissimi
destrieri.
E risonanti van come
tempesta.
A dense torme colle
lance in resta.
Ventenne il capitano,
il genio brilla
Nella sua fronte delle
fulve chiome,
Rampollo dei signori d’Altavilla
Bello, robusto, ed ha
Ruggiero il nome :
In quintane e tornei di
villa in villa
Vagò fra trovator’ ; ma
fu siccome
Prigione in mezzo a
cortesia fiorita,
Di venturi ero elesse
indocil vita.
Vola in Calabria in
braccio del fratello,
Che combatteva il
Bizantin guerriero.
Stupendo in armi, ma
talor macello
Fe’ di greggi, e predò da
masnadiero.
Freme inquieto, ancor non
trova quello
Che cercava, e ben
mertalo, un impero.
Inesorato ! e al fòlgore
del brando
S’inchina a Dio
l’intrepido Normando.
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